mercoledì, giugno 11, 2008

Bassa macelleria

Repubblica del 11 giugno 2008


di Adriano Sofri

Ci sono modi di dire che hanno perduto il legame con il loro significato originario. Noi diciamo: «Non ci posso credere!», e vuol dire che ci crediamo senz’altro, tutt’al più troviamo la cosa un po’ singolare. Ora di colpo diciamo: «Non ci posso credere!», e vuol dire che davvero non ci possiamo credere, e non vogliamo crederci.
Si dice che in una clinica (una sola?) di Milano (di Milano!) non un singolo medico pazzo o farabutto, ma un intero manipolo di medici di ogni ordine e grado, per denaro, contro ogni giustificazione terapeutica, resecava mammelle, squartava toraci, asportava polmoni, reimpiegava chiodi infetti, moltiplicava interventi senza speranza, faceva scempio di persone umane ridotte a corpi, e di corpi ridotti a organi - per denaro. «E per fare 15 polmoni... auguri... e no, dico, poi se sei fortunato che in un mese ti arrivano quattro politraumi e non so dieci fratture costali, ma cosa fai ti metti ad operare dieci fratture costali perché non hai pazienti?». Se sei fortunato. Persone sofferenti si mettevano nelle loro mani, e le loro mani, in solido, le storpiavano fino alla morte per amore del denaro.
E quando ne parlavano, ne parlavano come se fosse un compito seccante cui non potevano sottrarsi. «Cioè, o tu fai 15 polmoni, o altrimenti non puoi pagare un’équipe...». Farò di voi pescatori di uomini - vi ricordate questa promessa. Ecco la versione dei professionisti della Santa Rita: Merlano: «Cioè tu pescavi dall’Oltre Po pavese?». Brega Massone: «Ma io pescavo dappertutto, da Lodi, dove tiravo fuori le mammelle, poi ho cominciato a pescare anche i polmoni...». Non bastasse il sacrificio di tutte quelle operazioni indebite, per aggiungere un paio di zeri al salario mensile, a volte la sfortuna si accaniva su di loro. Come quando per un disguido nella spedizione si trovano in mano «un tibiale destro al posto di un rotuleo sinistro», e a quel punto, chi se ne frega, infilano il rotuleo sinistro nella gamba destra, e per colmo di sfortuna il paziente è un collega, un medico anche lui: Galasso: «.. sì una roba no noi abbiamo messo ad un collega un tibiale destro al posto di un rotuleo sinistro, mi vengono già le coliche ma non importa». Sembra M.A.S.H., nel centro di Milano. Sembra la Gita a Tindari. Diceva il boss mafioso all’antica: «Noi sapevamo quale era la linea che separava l’uomo dalla bestia». La linea non fa che retrocedere. Viene da dire che almeno a Tindari, o nella Cina delle esecuzioni capitali, o nel mondo dei bambini rapiti, la ferocia ha un suo fine imprenditoriale: trafficare organi. Nel centro di Milano gli organi andavano a fondo perduto, solo per compilare moduli del Drg, il rimborso a tariffe. Il seno di una ragazza, il polmone di un poveretto. La malasanità, a guardarla da qui sembra umana. L’aggravante della crudeltà, che le titolari della pubblica accusa milanese hanno elevato, è una mera adesione al tariffario: «Investire su qualcuno che ha principalmente una patologia oncologica». Investire. Su qualcuno che ha il cancro - o attribuirglielo.
Mettiamo che siate quel qualcuno. Quella qualcuna. O un suo caro, una sua cara. Che siate magari uno del paio di centinaia ancora ricoverati nella clinica, e non siate ancora scappati in sottoveste e a piedi nudi, se ve ne restavano le forze. C’è un problema sicurezza, in Italia: fare da sé? Una ronda, in corsia? E ci scandalizziamo delle morti bianche: carni rosse, morti rosse. Sono dei dilettanti, i boss della Thyssen, rispetto a questi luminari. Nella caserma di Bolzaneto, Genova 2001, un medico capo penitenziario e suoi colleghi e sottoposti si divertirono a torturare e umiliare degli inermi: ma almeno erano gonfi di fanatismo, di spirito di corpo, di sadismo. Questi della Santa Rita, come li restituiscono le carte dell’accusa e le registrazioni delle telefonate, non sono né buoni né cattivi, né esaltati né depressi: sono solo fedeli al tariffario. (A proposito. C’è una sola cosa peggiore dell’abuso delle intercettazioni telefoniche: il loro divieto).
Manca, per il momento, il ministero della Salute. In compenso, nel campo della sanità, in particolare in Lombardia, la privatizzazione ha fatto passi da gigante. Pare che ci fossero già state condanne di fior di primari per interventi chirurgici non giustificati: cardiochirurgia, affari di cuore. Bisognerà ammettere che privatizzazione e amore (privato) per il denaro (pubblico) vanno ancora assieme, a meraviglia. In un paese ordinato la sanità dev’essere pubblica, e si deve tenere una sobrietà, quanto al denaro. Naturalmente, l’amore per il denaro, la passione del denaro, non è destinata inevitabilmente a travolgere il rispetto peri polmoni e i reni e i seni altrui. Infatti, quando succede, diciamo: Non ci posso credere. C’è però una complicazione. Se avete un amico medico, o un vostro medico di fiducia - di fiducia, sul serio - provate a dirgli come siete esterrefatti e costernati per la notizia milanese. Scuoterà la testa. Di tutte le categorie, la meno incredula rispetto alla macelleria burocratica della Santa Rita, quella che ci può credere, senza neanche tanta fatica, è la categoria dei medici. Qualcuno, esagerando per l’amarezza, arriverà a dirvi: «E tutto così». Non è vero. Ma che cosa sarà di un popolo costretto a dubitare che i propri medici siano così?

martedì, giugno 10, 2008

Sessanta






domenica, giugno 08, 2008

Tokyo Rose

Furio Colombo
L'Unità 8 giugno 2008
C’è chi non si rassegna. Come Emma Bonino, che dice chiaro e fuori dai denti e con un po’ di maleducazione quello che pensa dello storico momento politico che il Paese sta attraversando, tra benedizioni papali, atti di sottomissione dello Stato alla Chiesa da alto medioevo (anche per esasperata, simbolica teatralità). Una Repubblica laica e indipendente che va in Vaticano rappresentata da un Gentiluomo vaticano, il sottosegretario Gianni Letta (e pensare che Filippo Facci era giunto a scrivere su Il Giornale che Fiamma Nirenstein, vice presidente della commissione Esteri della Camera, Pdl, non può parlare a nome dell’Italia sulla questione di Israele perché è ebrea) e un bel pacchetto di atti crudeli, inventati, costosi e inutili, quasi tutti contro i rom, certo più legati di Bossi e Borghezio alle radici cristiane d’Europa.Ma ecco perché Emma Bonino è stata così duramente redarguita e rimessa al suo posto dall’editorialista del Giornale Giancarlo Perna. Perché si era permessa, da persona politica di una certa esperienza, di anticipare e interpretare le ragioni della «gioia» del Papa. Si ricorderà che parlando ai vescovi italiani, il Pontefice aveva lodato la nuova armonia (traduzione: la mancanza di confronto democratico tra opposti punti di vista di governo e minoranza) nella vita pubblica italiana. Parlare di «gioia» per l’Italia dopo la caccia ai rom di Ponticelli e prima della caccia ai rom di Venezia, «è un po’ patetico» come dice, commentando le parole del Papa, la Bonino. È vero che l’ex ministro di Prodi («La persona con cui lavoro meglio» aveva detto il professore mentre lei portava a casa, di mese in mese, risultati sempre migliori, e ormai sfumati, nel commercio con l’estero) intendeva soprattutto anticipare il senso profetico di quelle parole. In pochi giorni, il capo della Chiesa e dello Stato Vaticano avrebbe ricevuto il baciamano di sottomissione completa della Repubblica italiana, e la garanzia dei dovuti versamenti per le scuole private cattoliche.Ma la Bonino avrebbe dovuto sapere che in questa Italia del pensiero liberale (che copre tutta l’area di consenso dalla corporazione Malpensa alla corporazione tassisti) certe cose, se riguardano il Papa, non si possono dire. O meglio si possono dire solo lodi ed esaltazioni, meglio se esagerate, come fanno, scaltri, tutti i telegiornali. Annunciano, con il tono di voce dei “Giornali Luce” di un tempo, che «è durato un’ora e mezzo l’incontro di Berlusconi con il Santo Padre». L’ora e mezza, record di tutti gli incontri mai avvenuti fra un rappresentante politico e il rappresentante di Dio, si raggiunge sommando l’incontro Berlusconi-Papa più l’incontro Berlusconi-Cardinal Bertone, più l’offerta di diamanti e pietre preziose (imbarazzante, no?) in nome della sottomessa e pacificata tribù italiana al re della Chiesa. Più i complimenti al “giovane” Gentiluomo vaticano in veste di sottosegretario italiano, più il tempo che c’è voluto a Berlusconi per aggiustare la giacca del capo del protocollo di Palazzo Chigi, a quanto pare troppo abbottonato.La disgraziata Bonino, invece, ha parlato di “questua”, e la parola le viene buttata addosso come olio bollente, con una evidente nostalgia di celebrare la gioia papale alla Giordano Bruno.Non c’è bisogno di essere credenti, basta essere militanti del nuovo ordine, per dare alla peccatrice radicale ciò che le spetta, e che spetta ai suoi compagni radicali di malefatte. Quali malefatte? Darsi da fare per essere eletti, se non hai santi in paradiso, se non hai in terra una mano invisibile che vede, provvede e - al momento giusto - concede. In quei casi sfortunati devi cercare fondi e sostegni alla luce del sole, devi chiederli ai cittadini e agli alleati. Ma qui cade l’asino. La logica dell’accusatore del foglio liberale Il Giornale, organo del Popolo della libertà, è implacabile: come osa una mendicante rimproverare al Papa la nobile questua con cui la Chiesa chiede allo Stato di pagare le scuole cattoliche? «Sarà l’effetto dei 60 anni che la biondina di Bra ha appena compiuto» osserva l’articolista con delicatezza. Il suo fa parte del gruppo di giornali disposti a qualunque vendetta e ritorsione (per non parlare delle aggressioni preventive) contro chiunque osi accennare, anche per sbaglio o per equivoco, ai tratti fisici dei campioni di destra. Vorremmo ricordare (insieme a molte volonterose istituzioni religiose) che oggi - mentre scriviamo dall’Italia di Bossi-Borghezio-Calderoli-Castelli-Maroni - si celebra nel mondo “La giornata del rifugiato”. Proprio oggi (scrivo il sabato 7 giugno) dieci di quei rifugiati sono stati trovati cadaveri in mezzo al Mediterraneo da un peschereccio italiano che - in violazione della futura legge Maroni - ha soccorso i sopravvissuti, tra cui donne e bambini. Li hanno salvati con l’espediente delle gabbie del tonno (si cala la gabbia in mare e si tenta di prendere i corpi) per poi consegnarli a quel tipo di casa-albergo detto Cpt. Le cose vanno in questo modo: o finisci in fondo al mare o vieni salvato, trattato da clandestino e rispedito alla fame e alla minaccia di morte da cui speravi di fuggire in nome del tuo diritto di essere umano.Sul senso di questa giornata ci illumina il Capo di stato maggiore della Difesa generale Vincenzo Camporini: «Gli aerei senza pilota “Predator”, impiegati anche in Afghanistan, sarebbero sicuramente un modo molto economico per pattugliare i mari e impedire lo sbarco dei clandestini» ha detto il capo dell’esercito italiano durante l’esercitazione aereo-navale italo-maltese “Canale 2008”. «Ben venga il Predator se è un mezzo per risolvere a fondo il problema» ha commentato il sottosegretario alla Difesa Giuseppe Cossiga (Corriere della Sera, 7 giugno). La parola «a fondo» non è mai stata più appropriata per celebrare la festa italiana del rifugiato.***Resta la domanda, e anzi si ripropone con forza specialmente se, come sostiene l’organo del liberalismo italiano, ha torto la Bonino che, a causa dell’età, comincia a straparlare benché sia di un decennio e mezzo più giovane del giovane presidente del Consiglio. Che cosa ha il Papa di cui “gioire” nell’Italia più cattiva, punitiva, carceraria, ingegnosamente attiva in ogni aspetto e modo di perseguitare chiunque sia colto in condizioni di inferiorità e debolezza? Che cosa avrà da far festa il Papa in un’Italia che si sarà forse ingessata in certe sue funzioni politiche (come quella di dire no) ma si spezza sulla decenza, sulla tolleranza, sulla tradizione di civiltà, sul rispetto degli esseri umani. E scatena in piena guerra di camorra e in piena tempesta economica (il petrolio a 140 dollari al barile, un’impennata di dieci dollari in un solo giorno) una guerra dello Stato e della forza dello Stato contro tutti i deboli? Le vittime scelte e designate per i pogrom di Stato sono gli immigrati, da considerare tutti sospetti. Sono gli zingari, da definire tutti e pubblicamente “ladri di bambini”, persino se non è mai (mai) accaduto. Sono i clandestini, da associare alla peggiore delinquenza o alla sicura intenzione di delinquere (”vengono qui per commettere reati”), sono le prostitute, immediatamente definite “criminali”, evidentemente capaci di generare, malevolmente e da sole, l’alto patrocinio dei padri di famiglia italiani, compresa una massiccia parte di Popolo della libertà e di leghisti (per naturali, non confutabili ragioni statistiche) che affollano certe strade italiane. La fantasia dei persecutori (per capire suggerisco di ascoltare una o due frasi di Borghezio, poi tradotte in italiano dal ministro dell’Interno Maroni, che si finge normale ma è il braccio armato di sentimenti di rivincita e di vendetta che si stanno appena rivelando) però non si placa tanto presto. Geniale l’idea di sequestrare le case affittate ai clandestini, trovata intelligente e crudele per buttare preventivamente sulla strada, con bambini e stracci, gente che lavora e che finora ha pagato cifre oltraggiose per alloggi troppo disumani anche per un film. Ma adesso il passaparola febbrile fa scattare i comportamenti da Ku Klux Klan prima che sia iniziata la discussione di ciascuna delle vergognose leggi di cui stiamo parlando. I padroni di catapecchie le svuotano subito, prima che passi la polizia e senza distinguere. Lo Stato ci sta dicendo che sono tutti feccia. A Roma la polizia si presenta nelle portinerie, rispondendo a soffiate. A Milano si fanno rastrellamenti sui tram finora vietati dalla Costituzione. Qualunque cliente stradale - tra cui ottimi padri di famiglia - si sentirà in diritto di abusare in tutti i modi, psicologici e fisici, di una prostituta. «Che lo vada a dire alla polizia». Intanto i “blitz”, bella parola militare che fa irruzione nelle notti di gente stanca di povertà e di lavoro, si ripetono in tutti i campi nomadi, Forze dell’ordine e volontari, tanto non c’è nessuna norma da rispettare. Tutto sta avvenendo mentre il “pacchetto sicurezza” è stato molto annunciato, ma nulla di esso è stato finora discusso nel luogo chiamato Parlamento.I vescovi hanno già fatto sapere che su alcune di queste ignobili norme persecutorie non sono d’accordo. Ma l’Italia dell’asse Gentilini-Maroni-Berlusconi farà finta di niente. Dopotutto i clandestini non sono embrioni, le prostitute, nonostante il Vangelo, non c’entrano con la sacralità della famiglia, gli immigrati si adattino a venire in Italia rispettando i “flussi” (che non esistono). Se non li rispettano, sono prede libere, come in certi allucinanti giochi di delirio sul futuro. Vorrei ricordare ai miei colleghi dell’opposizione l’esemplare storia di Tokyo Rose. Era una bella voce di donna, apparentemente americana, con lieve e gentile accento del Sud, che la propaganda giapponese ha usato con straordinario successo per fermare o rallentare l’avanzata - e persino la resistenza e la tenuta psicologica - dei soldati americani, inglesi, australiani, nascosti nelle paludi o impantanati nelle trincee in attesa di attaccare. La voce di Tokyo Rose, che ascoltavano da migliaia di altoparlanti per decine di chilometri, ricordava ai ragazzi yankee accampati in una giungla estranea, migliaia di miglia lontani da casa, come è dolce la vita, come è quieta e tranquilla se non insisti nel far la guerra ai giapponesi. Sosteneva che c’è tanto da condividere se si smette di combattere, sussurrava di donne, belle come era bella quella voce, che li aspettavano. I libri di storia americani ricordano Tokyo Rose come il più grande tentativo di guerra psicologica. Centinaia di soldati alleati hanno disertato per scomparire dall’altra parte della giungla. I giapponesi volevano soldati-ombra. Per fortuna solo pochi sono caduti nella trappola.

martedì, giugno 03, 2008

C.P.T. di Roma

Immigrati, Bernardini: il Cpt di Ponte Galeria è un inferno

Il cpt di Ponte Galeria di Roma "è un inferno", una struttura di cemento e grate dove manca quasi tutto, igiene compresa, i rifiuti sono per terra, nei corridoi, i servizi igienici sono rotti o sporchi, e chi è chiuso là dentro non ha riconosciuti i suoi diritti, una situazione esplosiva: è questa la sintesi di Rita Bernardini, deputata radicali-Pd e segretaria dei Radicali italiani, che oggi ha visitato il centro con la collega Elisabetta Zamparutti ed Elettra Deiana, dirigente di Rifondazione.
Nel centro, alla periferia di Roma, ci sono 109 donne e 134 uomini provenienti da Marocco, Albania, Romania, Nord Africa, Afghanistan, "alcune appena uscite di galera, alcune che devono essere espulse, altre in attesa di regolarizzazione, altre ancora in attesa di asilo politico".
Il cpt è un posto triste e squallido, anzi "di uno squallore unico" - racconta Bernardini - tutto cemento e grate, un cortile vuoto su cui si affacciano le camerate, tutte a livello terra. La delegazione racconta di aver trovato una situazione drammatica soprattutto nel reparto maschile, in quello femminile le condizioni igieniche sono migliori e l'ambiente è più sereno, in quello maschile invece hanno trovato "l'inferno": sporcizia dappertutto, nonostante al centro assicurino che ogni mattina alle 6 arrivi una ditta delle pulizie, mura sporche e scrostate, rubinetti e docce rotti, rifiuti per terra, non ci sono i bidoni "pericolosi", non una pianta, anche i vasi sono "pericolosi", non un colore. "Sono persone abbandonate da Dio e dagli uomini".
Ma sono persone che vogliono raccontare la loro storia, volti che sembrano avere 70 anni e invece ne hanno 50, voci che si sovrappongono, alcune agitate, altre lamentose.
C'è un ragazzo di 21 anni rumeno, biondo con la faccetta "buona" che da una settimana è nel cpt e non ha ancora ricevuto la tessera per telefonare alla madre in Romania, che non sa più dove sia il figlio. C'è un marocchino con il braccio piagato, che dice 'non sono ancora stato medicato', fortuna vuole che con la delegazione ci sia un membro della Cri che provvede. C'è il tosscodipendente da eroina - sono in 5-6 nel cpt, tutti uomini - che chiede perché non venga mandato in una comunità per curarsi.
Ci sono 4-5 afgani che non parlano una parola di italiano, portati nel cpt direttamente dal container che li ha 'trasportati' in Italia, vorrebbero chiedere diritto d'asilo ma non sanno come.
E ancora, c'è un signore marocchino da vent'anni in Italia, un lavoro, una moglie e 4 figli, una va all'università e lui chiede: perchè mia figlia deve preoccuparsi per me, perché sono qui?
Dovrebbe preoccuparsi solo di studiare!', Ce ne è un altro che ha la sua compagna nel reparto femminile, di là dal cortile, incinta di tre mesi: all'inizio riuscivano a vedersi, in qualche modo, ora non più, da molto, non è possibile, non sono sposati. C'è un albanese di 30 anni, vestito abbastanza bene, al meglio che può, pulito, doccia appena fatta che chiede dia vere almeno un deodorante e dei saponi per pulire meglio i bagni.
Il reparto femminile è più pulito e sereno, ma non mancano storie drammatiche. Qui ci sono molte filippine, molte badanti. C'è una donna albanese, una badante, che è stata portata qui e dal 7 aprile non ha notizie di sua figlia, un anno e mezzo, presa in affidamento dai servizi sociali, l'unico desiderio che ha ora è tornare in Albania con la figlia.
"Stiamo preparando un'interrogazione parlamentare", dice Rita Bernardini e "chiediamo al governo e a Maroni di rivedere i provvedimenti sull'immigrazione"; soprattutto la proposta di elevare a 18 mesi la possibilità di permanenza nei cpt, spiega, e per questo "lo invito a venire a vedere di persona come stanno qui gli immigrati". Inoltre, avverte la segretaria dei radicali, se vanno avanti "le norme sul reato di clandestinità si rischia non solo il collasso dei cpt, ma quello delle carceri e della giustizia, un sistema già malato che ha 10 milioni di processi arretrati".