venerdì, luglio 11, 2008

Piccola posta



Il Foglio del 11 luglio 2008

di Adriano Sofri

La diversità di opinioni è la più normale circostanza della mia antichissima collaborazione a questo giornale. Voglio dire che non è mai un ostacolo, e nemmeno una condizione ricercata. Questo giornale è, nella mia esperienza, completamente libero, benché la sua direzione abbia per sua norma posizioni risolute e perentoriamente dichiarate. Così stando le cose, confesso che ogni tanto mi farebbe piacere una coincidenza fra le mie opinioni e quelle del giornale: nei giorni scorsi è successo, per esempio, a proposito della controversia sulle impronte dei bambini zingari. Non ho trovato spiegazioni utili a motivarne la giustificazione, o anche solo la sottovalutazione, se non appunto la sottovalutazione: è l’ultimo dei problemi, gli zingari stessi non se ne scandalizzano eccetera. Va bene. Non immaginavo invece che potessero coincidere le nostre opinioni sulla tremenda vicissitudine di Eluana Englaro. Ho visto che discordano drasticamente, e che a voi sembra eutanasia, e delle pii crudeli, quella che a me sembra l’interruzione di un accanimento terapeutico e dogmatico. Quando penso a questioni così tremende, mi interrogo su quello che non vorrei che fosse fatto a me, e specialmente su quello che vorrei che fosse fatto a me. A me se mi trovassi al posto di Eluana, a me semi trovassi al posto dei suoi genitori. Succede, è successo, succederà pressoché a tutti noi. Voglio aggiungere un dettaglio, che riguarda la nostra particolare discussione. Quando si trattò della sorte di Terri Schiavo, io pensai e scrissi qui che, senza, condividere alcuna speranza sulla condizione della sua esistenza e sull’eventualità di un suo recupero, avrei considerato di elementare umanità la scelta di conservarne la "straordinaria" sopravvivenza, dal momento che questo era il desiderio accorato della sua famiglia di origine. Per loro, non per lei. Penserei lo stesso in qualunque caso in cui questo fosse il desiderio di famigliari di una creatura privata di coscienza e di speranza, e tenuta in vita da mezzi straordinari, indipendentemente dal tempo trascorso. i genitori di Eluana, unica figlia, non desideravano questo. al contrario. Nessuno di noi, spero, vorrà azzardare una sillaba sull’amore degli uni e degli altri. La differenza, mi pare di aver capito, sta nel fatto che i genitori di Eluana, amandone perdutamente la vita, hanno deciso di guardare negli occhi la morte, quella di Eluana, la propria e quella di tutti. Provo per questo sguardo una simpatia dolorosa e intima.

1 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

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