lunedì, dicembre 11, 2006

Gassman legge Pasolini

Pier Paolo Pasolini
"Padre nostro che sei nei cieli" (da Affabulazione)
lettura di Vittorio Gassman
Padre nostro che sei nei Cieli,

io non sono mai stato ridicolo in tutta la vita.

Ho sempre avuto negli occhi un velo d'ironia.

Padre nostro che sei nei Cieli:

ecco un tuo figlio che, in terra, è padre...

È a terra, non si difende più...

Se tu lo interroghi, egli è pronto a risponderti.

È loquace. Come quelli che hanno appena avuto

una disgrazia e sono abituati alle disgrazie.

Anzi, ha bisogno, lui, di parlare:

tanto che ti parla anche se tu non lo interroghi.

Quanta inutile buona educazione!

Non sono mai stato maleducato una volta nella mia vita.

Avevo il tratto staccato dalle cose, e sapevo tacere.

Per difendermi, dopo l'ironia, avevo il silenzio.
Padre nostro che sei nei Cieli:

sono diventato padre, e il grigio degli alberi

sfioriti, e ormai senza frutti,

il grigio delle eclissi, per mano tua mi ha sempre difeso.
Mi ha difeso dallo scandalo, dal dare in pasto agli altri il mio potere perduto.

Infatti, Dio, io non ho mai dato l'ombra di uno scandalo.

Ero protetto dal mio possedere e dall'esperienza del possedere,

che mi rendeva, appunto, ironico, silenzioso e infine inattaccabile come mio padre.

Ora tu mi hai lasciato. Ah, ah, lo so ben io cosa ho sognato

Quel maledetto pomeriggio! Ho sognato Te.

Ecco perché è cambiata la mia vita.
E allora, poiché Ti ho,

che me ne faccio della paura del ridicolo?

I miei occhi sono divenuti due buffi e nudi

lampioni del mio deserto e della mia miseria.
Padre nostro che sei nei Cieli!

Che me ne faccio della mia buona educazione?

Chiacchiererò con Te come una vecchia,

o un povero operaio che viene dalla campagna, reso quasi nudo

dalla coscienza dei quattro soldi che guadagna

e che dà subito alla moglie - restando, lui,

squattrinato,

come un ragazzo, malgrado le sue tempie grigie

e i calzoni larghi e grigi delle persone anziane...

chiacchiererò con la mancanza di pudore

della gente inferiore, che Ti è tanto cara.

Sei contento? Ti confido il mio dolore;

e sto qui a aspettare la tua risposta

come un miserabile e buon gatto aspetta

gli avanzi, sotto il tavolo: Ti guardo, Ti guardo fisso,

come un bambino imbambolato e senza dignità.
La buona reputazione, ah, ah!

Padre nostro che sei nei Cieli, cosa me ne faccio della buona reputazione,

e del destino -

che sembrava tutt'uno col mio corpo e il mio tratto

- di non fare per nessuna ragione al mondo parlare di

me?

Che me ne faccio di questa persona

cosi ben difesa contro gli imprevisti?

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