Il diario di Riccio, il testamento di Welby
da L'Unità del 3 ottobre 2008
di Luca Landò
Chissà se lo leggeranno. Chissà se i senatori della Commissione Sanità sfoglieranno il libro di Mario Riccio, il medico che ha aiutato Piergiorgio Welby a scegliere della sua vita, prima ancora che della sua morte. Lo speriamo davvero, perché chi è chiamato a discutere di una materia delicata come il testamento biologico dovrebbe conoscere bene la storia di Piergiorgio. E di Mina, sua moglie. E di Mario Riccio appunto, che ha accettato il rischio di finire in prigione, cioè di rinunciare alla propria libertà, pur di consentire a un uomo, anche se malato, anche se attaccato a un respiratore meccanico, la libertà di scegliere. Chissà se quei senatori si ricorderanno di essere stati scelti da persone che ben conoscono la felicità per una vita che sta per arrivare e il dolore per un’esistenza che sta per finire. Chissà se dopo l’errore della legge 40, che pone ostacoli a chi vorrebbe un figlio in ogni caso e comunque, rispetteranno la volontà di chi non vuole essere tenuto in vita, in ogni caso e comunque. Come Piergiorgio Welby che da anni chiedeva di non essere più costretto a vivere una vita che non riteneva più sua. Una scelta simile a quella di Eluana Englaro, da sedici anni in coma irreversibile e tenuta in vita biologica solo da un sondino che la nutre e la idrata. Chissà se i signori che discutono in questi giorni del testamento biologico indosseranno per una volta i panni, non dei politici e dei giuristi, ma dei malati e dei loro parenti. Quelli di Piergiorgio e di Eluana. O di Mina Welby e di Beppino Englaro. E magari di quei medici chiamati ad assistere fino all’ultimo i malati e le loro famiglie. Chissà se leggeranno i tormenti di Mario Riccio, convinto di quello che stava per fare, ma consapevole che la legge, lo Stato non lo avrebbero difeso, non lo avrebbero sostenuto. Chissà se capiranno perché, prima di salire in casa Welby, quel medico anestesista girava per Roma col desiderio di uscire dall’ombra e condividere con gli altri le sue paure, i suoi dubbi. Come ha fatto nel suo «Storia di una morta opportuna», scritto insieme a Gianna Milano, che abbiamo anticipato ieri su questo giornale e che uscirà nei prossimi giorni per Sironi Editore. Chissà se quei senatori continueranno a ripetere l’eterno gioco dello scaricabarile, dell’ipocrisia, del si fa ma non si dice. Chissà se sulle questioni personali, saranno i cittadini a decidere, anziché i "valori assoluti" che tanto piacciono alla Chiesa e ai suoi sostenitori. Chissà se un giorno verremo trattati da persone in grado intendere e di volere. E dunque di scegliere. Chissà se riusciremo, prima o poi, a diventare un Paese adulto.
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