La Piccola posta di oggi l'ho ceduta a uno che sa di che cosa parla.
Adriano Sofri
Piccola posta di giovedì 26 febbraio
“La proposta afferma che il rifiuto all’idratazione e alla nutrizione artificiale non può essere inserito nelle dichiarazioni anticipate. Questo perché sono considerate forme di sostegno vitale finalizzate ad alleviare le sofferenze. A parte il fatto che non è vero: in molti pazienti terminali affetti da tumore un’idratazione corretta sarebbe fonte di ulteriore sofferenza. Ma perché se siamo lucidi possiamo rifiutare cibo e acqua, mentre se siamo affetti da una malattia che ci toglie la possibilità di esprimerci allora perdiamo pure questo diritto? La legge afferma che la vita è inviolabile e che quindi nelle dichiarazioni non può essere data indicazione all’eutanasia, ma senza definirla. E questo è pericoloso. Molti affermano che rinunciare a un trattamento salvavita è eutanasia, negando l’articolo 32 della costituzione. Ma allora, su cosa potremo pronunciarci? Io non vorrei mai finire la mia esistenza in stato vegetativo. Perché la società dovrebbe obbligarmi a questo? Il nostro ordinamento stabilisce i diritti e doveri che abbiamo nei confronti degli altri. Non entra nell’intimo rapporto che ognuno ha nei confronti di se stesso. Il tentato suicidio non è reato in Italia. La Costituzione vieta la tortura ma l’autoflagellazione o il cilicio non sono reato. Io mi batterei fino in fondo affinché un mio concittadino ammalato che desideri andare avanti con tutti i trattamenti possibili (ventilazione, nutrizione, dialisi e quant’altro) possa riceverli gratuitamente dalla società. Ma mi batterò fino in fondo affinché la stessa società non imponga a nessuno un trattamento che questi non voglia ricevere, in qualsiasi condizione egli si trovi”.
Piccola posta di giovedì 26 febbraio
“La proposta afferma che il rifiuto all’idratazione e alla nutrizione artificiale non può essere inserito nelle dichiarazioni anticipate. Questo perché sono considerate forme di sostegno vitale finalizzate ad alleviare le sofferenze. A parte il fatto che non è vero: in molti pazienti terminali affetti da tumore un’idratazione corretta sarebbe fonte di ulteriore sofferenza. Ma perché se siamo lucidi possiamo rifiutare cibo e acqua, mentre se siamo affetti da una malattia che ci toglie la possibilità di esprimerci allora perdiamo pure questo diritto? La legge afferma che la vita è inviolabile e che quindi nelle dichiarazioni non può essere data indicazione all’eutanasia, ma senza definirla. E questo è pericoloso. Molti affermano che rinunciare a un trattamento salvavita è eutanasia, negando l’articolo 32 della costituzione. Ma allora, su cosa potremo pronunciarci? Io non vorrei mai finire la mia esistenza in stato vegetativo. Perché la società dovrebbe obbligarmi a questo? Il nostro ordinamento stabilisce i diritti e doveri che abbiamo nei confronti degli altri. Non entra nell’intimo rapporto che ognuno ha nei confronti di se stesso. Il tentato suicidio non è reato in Italia. La Costituzione vieta la tortura ma l’autoflagellazione o il cilicio non sono reato. Io mi batterei fino in fondo affinché un mio concittadino ammalato che desideri andare avanti con tutti i trattamenti possibili (ventilazione, nutrizione, dialisi e quant’altro) possa riceverli gratuitamente dalla società. Ma mi batterò fino in fondo affinché la stessa società non imponga a nessuno un trattamento che questi non voglia ricevere, in qualsiasi condizione egli si trovi”.
Guido Bertolini. Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Ranica (Bergamo).
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