lunedì, ottobre 06, 2008

Il libro di Beppino Englaro sulla tragedia della figlia


da L’Opinione - Società 4 ottobre



di Alessandro Litta Modignani



Se per caso qualcuno nutrisse ancora dubbi su da che parte stia la ragione, nella lunghissima e tormentata vicenda di Eluana Englaro, legga il libro scritto a quattro mani da Beppino Englaro con Elena Nave, uscito mercoledì scorso ("Eluana. La libertà e la vita”, 232 pagine, Rizzoli-Bur). Vi si narra il dolore, ma non solo. Si spiegano i tanti dettagli del percorso medico. Si fanno i nomi delle amiche del cuore, testimoni delle reiterate affermazioni di Eluana quando era cosciente. Soprattutto si racconta il lungo calvario sanitario e giudiziario di un padre, alla disperata ricerca del rispetto della volontà della figlia come estremo, doveroso atto di amore. Qualcuno ha insinuato che la volontà di Eluana sia stata espressa in modo inattendibile: qualche frase generica, magari pronunciata da minorenne o addirittura da bambina. Non è così. Nel libro si citano circostanze precise: le vicende dello sciatore Leonardo David e poi di un caro amico (Alessandro, detto Furia), rimasto anch’egli in coma per un incidente, esattamente un anno prima che capitasse a lei. Fu allora che Eluana, ventenne, messa di fronte a quella condizione di sopravvivenza artificiale, disse ripetutamente ai suoi cari: “A me, mai !”. Le testimonianze sono numerose e unanimi, la documentazione medico-scientifica inoppugnabile. Le tristi condizioni della giovane sono descritte con precisione, appena velata dal pudore. L’irreversibilità dello stato vegetativo venne certificata a due anni dall’incidente, nel lontano ‘94. Tutti gli specialisti consultati non hanno mai lasciato margini alla speranza. Alla luce di quest’ultima considerazione, suonano quasi beffarde le motivazioni con le quali la Procura di Milano ha deciso di appellare la sentenza del Tribunale, che nel luglio scorso aveva autorizzato il padre-tutore a interrompere le cure. Non sarebbero state effettuate le opportune verifiche sullo stato di salute della donna, è scritto nella richiesta di sospensiva. Ma se lo stato vegetativo perdura dal ‘92 ed è stato giudicato “permanente” dal ’94, cosa c’era ancora da verificare? Così il Tribunale tornerà a riunirsi. L’udienza del 24 settembre è stata rinviata all’8 ottobre, mercoledì prossimo. Per singolare coincidenza, quello stesso giorno si riunisce la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sul conflitto di attribuzione sollevato dal Parlamento nei confronti della Cassazione, “colpevole” della sentenza che un anno fa aveva dato ragione a Beppino Englaro su tutta la linea, spianando la strada al pronunciamento del Tribunale di Milano. Sembra quasi di vederle, queste “Importanti Autorità”: supremi magistrati, alti prelati, onorevoli politici, filosofi e bio-eticisti, giuristi e giornalisti, scienziati e luminari. I Parrucconi dello Stato Etico in girotondo attorno al corpo inanimato di Eluana Englaro, da quasi 17 anni incapace di intendere, di volere, di deglutire e di defecare e perciò nutrita artificialmente dal naso, evacuata artificialmente dallo sfintere, lavata e frizionata, voltata e rivoltata in difesa della “sacralità della vita” e in attesa della “morte naturale”. Sembra un brutto film sull’oscurantismo medioevale, invece è la vita vera, in Italia, oggi. Di tutto questo parla il libro di Beppino Englaro, uomo dignitoso, mite e ostinato. Tutti dovrebbero leggerlo, perché – come scrisse Luca Coscioni - non possiamo aspettare le scuse di uno dei prossimi Papi, fra un secolo o due.

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