Sarkozy e il caso Petrella. Un appello
Vicenda Petrella. Un appello a Sarkozy, ma anche all’Italia: basta con l’accanimento e il carcere senza fine.
La posizione assunta dal presidente francese Nicolas Sarkozy attorno alla vicenda di Marina Petrella, candidata all’estradizione nel nostro paese, ha un sapore pilatesco di fondo: si è detto favorevole a estradare in Italia l’ex brigatista, ma anche alla concessione di una grazia da parte italiana che le risparmi il carcere a quasi 30 anni dai fatti. Un carcere che dovrebbe in effetti apparire a tutti inumano e inutile, dato il lasso di tempo trascorso e dato che la odierna detenuta Petrella è persona del tutto diversa dall’allora brigatista; anche le parole pacate e responsabili espresse in questi giorni dalla figlia Elisa sono una testimonianza di questo e anche della considerazione riguardo le sofferenze dei famigliari delle vittime. Un’attenzione doverosa, che condividiamo sino in fondo. Ma rimane la domanda su chi e cosa possa mai risarcire una sua lunga detenzione oggi.
Non molti anni fa, quando il caso di Adriano Sofri era all’ordine del giorno, la insensata cattiveria di una condanna che colpisce dopo un quarto di secolo apparteneva al senso comune della sinistra, e non solo di essa, tanto che furono partoriti appositi disegni di legge.
Oggi sembrano passati secoli. Ma all’indietro, nel senso che pare andata smarrita ogni considerazione critica e moderna sul senso della pena e sulle sue attribuzioni e finalità costituzionali. Questi anni trascorsi all’insegna delle manette come valore e di girotondi davanti ai tribunali hanno dunque lasciato guasti profondi e corroso sino all’osso la cultura giuridica e anche il senso umanitario di molta parte del paese. Peraltro, questi accanimenti postumi, queste logiche di vendetta infinita, non riguardano solo gli ex militanti di sinistra. È di pochi giorni fa la notizia dell’arresto in Brasile ai fini di estradizione in Italia di un appartenente ai NAR, Pier Luigi Bragaglia.
La rivendicazione delle proprie attribuzioni esclusive in materia di grazia fatta del Quirinale dopo l’annuncio di Sarkozy non pare una puntualizzazione solo formale, ma un preannuncio negativo nel merito. In generale, nel clima politico italiano vi è una evidente e irriducibile animosità che porta a ritenere certo il rifiuto di grazie nei confronti di persone accusate di atti di terrorismo, altoatesini a parte.
Dunque il calcolo di Sarkozy appare zoppo e infondato: l’estradizione di Marina Petrella comporterà per lei lunghi anni di carcere e danni irreparabili alla sua già precaria condizione psichica e sanitaria. Ora, di fronte alle polemiche, Sarkozy si è spinto a formalizzare i propri auspici in due lettere spedite a Napolitano e Berlusconi. Ma risulta davvero difficile per noi comprendere, e per lui spiegare, come si possa estradare una inoffensiva ex brigatista che ha cambiato vita da decenni e contemporaneamente offrire ospitalità a narcoterroristi in piena attività, come i guerriglieri delle FARC.
Se d’Oltralpe spirano dunque venti pilateschi, da noi a livello politico e istituzionale il richiamo pare essere a don Abbondio. Tutto tace, e chi prende parola è per perorare le virtù del carcere e della durezza della legge (purché colpisca gli altri: i vinti dalla storia, come gli ex lottarmatisti e i vinti sociali, come gli immigrati, i tossicodipendenti e i poveri che affollano le prigioni).
Tra Ponzio Pilato ed Erode, tra farisei e forcaioli, tra meschini calcoli politici e sciatti meccanismi burocratici, si consuma la speranza e la vita di Marina Petrella. E dopo di lei, fatta tabula rasa non solo della dottrina Mitterand ma di ogni pur minimo sentimento umanitario e caritatevole, toccherà agli altri. Negli anni Settanta correva un orrido e truculento slogan brigatista, mutuato dalla rivoluzione cinese, che diceva: colpiscine uno per educarne cento. Ora, a parti invertite, ne colpiscono una (e poi ne colpiranno altri cento, gli ultimi stanchi e invecchiati scampati degli anni Settanta), neppure per dare l’esempio. Solo per un pigro e tardivo spirito di vendetta.
Il nostro appello e la nostra speranza è che, infine, un qualche piccolo girotondo si possa immaginare anche per protestare contro quest’uso violento della giustizia, per questo incattivimento generalizzato che non può lasciare tranquilli e che si rivolge di preferenza contro i più deboli. Perché l’intolleranza non si lascia sino in fondo usare e indirizzare, diventa tossina sociale che avvelena e colpisce tutti. Per fomentarla bastano pochi mesi, un paio di libri, qualche decreto legge e un po’ di campagne stampa. Per sradicarla occorrono invece molti decenni e intere generazioni.
Infine, un appello vogliamo lanciare al presidente Nicolas Sarkozy: per rendere coerente la posizione espressa nelle lettere inviate alle massime autorità italiane deve subordinare la effettiva estradizione alla effettiva e avvenuta concessione da parte italiana di una misura clemenziale, che assicuri a Marina Petrella di non finire, e probabilmente morire, in carcere. Diversamente, e sino ad allora, si consenta a Petrella di vivere libera in Francia, come ha potuto fare negli ultimi 15 anni e come deve essere consentito di fare a chiunque altro si trovi nelle medesime condizioni.
Sergio Segio, Patrizio Gonnella, Franco Corleone, Luigi Nieri
La posizione assunta dal presidente francese Nicolas Sarkozy attorno alla vicenda di Marina Petrella, candidata all’estradizione nel nostro paese, ha un sapore pilatesco di fondo: si è detto favorevole a estradare in Italia l’ex brigatista, ma anche alla concessione di una grazia da parte italiana che le risparmi il carcere a quasi 30 anni dai fatti. Un carcere che dovrebbe in effetti apparire a tutti inumano e inutile, dato il lasso di tempo trascorso e dato che la odierna detenuta Petrella è persona del tutto diversa dall’allora brigatista; anche le parole pacate e responsabili espresse in questi giorni dalla figlia Elisa sono una testimonianza di questo e anche della considerazione riguardo le sofferenze dei famigliari delle vittime. Un’attenzione doverosa, che condividiamo sino in fondo. Ma rimane la domanda su chi e cosa possa mai risarcire una sua lunga detenzione oggi.
Non molti anni fa, quando il caso di Adriano Sofri era all’ordine del giorno, la insensata cattiveria di una condanna che colpisce dopo un quarto di secolo apparteneva al senso comune della sinistra, e non solo di essa, tanto che furono partoriti appositi disegni di legge.
Oggi sembrano passati secoli. Ma all’indietro, nel senso che pare andata smarrita ogni considerazione critica e moderna sul senso della pena e sulle sue attribuzioni e finalità costituzionali. Questi anni trascorsi all’insegna delle manette come valore e di girotondi davanti ai tribunali hanno dunque lasciato guasti profondi e corroso sino all’osso la cultura giuridica e anche il senso umanitario di molta parte del paese. Peraltro, questi accanimenti postumi, queste logiche di vendetta infinita, non riguardano solo gli ex militanti di sinistra. È di pochi giorni fa la notizia dell’arresto in Brasile ai fini di estradizione in Italia di un appartenente ai NAR, Pier Luigi Bragaglia.
La rivendicazione delle proprie attribuzioni esclusive in materia di grazia fatta del Quirinale dopo l’annuncio di Sarkozy non pare una puntualizzazione solo formale, ma un preannuncio negativo nel merito. In generale, nel clima politico italiano vi è una evidente e irriducibile animosità che porta a ritenere certo il rifiuto di grazie nei confronti di persone accusate di atti di terrorismo, altoatesini a parte.
Dunque il calcolo di Sarkozy appare zoppo e infondato: l’estradizione di Marina Petrella comporterà per lei lunghi anni di carcere e danni irreparabili alla sua già precaria condizione psichica e sanitaria. Ora, di fronte alle polemiche, Sarkozy si è spinto a formalizzare i propri auspici in due lettere spedite a Napolitano e Berlusconi. Ma risulta davvero difficile per noi comprendere, e per lui spiegare, come si possa estradare una inoffensiva ex brigatista che ha cambiato vita da decenni e contemporaneamente offrire ospitalità a narcoterroristi in piena attività, come i guerriglieri delle FARC.
Se d’Oltralpe spirano dunque venti pilateschi, da noi a livello politico e istituzionale il richiamo pare essere a don Abbondio. Tutto tace, e chi prende parola è per perorare le virtù del carcere e della durezza della legge (purché colpisca gli altri: i vinti dalla storia, come gli ex lottarmatisti e i vinti sociali, come gli immigrati, i tossicodipendenti e i poveri che affollano le prigioni).
Tra Ponzio Pilato ed Erode, tra farisei e forcaioli, tra meschini calcoli politici e sciatti meccanismi burocratici, si consuma la speranza e la vita di Marina Petrella. E dopo di lei, fatta tabula rasa non solo della dottrina Mitterand ma di ogni pur minimo sentimento umanitario e caritatevole, toccherà agli altri. Negli anni Settanta correva un orrido e truculento slogan brigatista, mutuato dalla rivoluzione cinese, che diceva: colpiscine uno per educarne cento. Ora, a parti invertite, ne colpiscono una (e poi ne colpiranno altri cento, gli ultimi stanchi e invecchiati scampati degli anni Settanta), neppure per dare l’esempio. Solo per un pigro e tardivo spirito di vendetta.
Il nostro appello e la nostra speranza è che, infine, un qualche piccolo girotondo si possa immaginare anche per protestare contro quest’uso violento della giustizia, per questo incattivimento generalizzato che non può lasciare tranquilli e che si rivolge di preferenza contro i più deboli. Perché l’intolleranza non si lascia sino in fondo usare e indirizzare, diventa tossina sociale che avvelena e colpisce tutti. Per fomentarla bastano pochi mesi, un paio di libri, qualche decreto legge e un po’ di campagne stampa. Per sradicarla occorrono invece molti decenni e intere generazioni.
Infine, un appello vogliamo lanciare al presidente Nicolas Sarkozy: per rendere coerente la posizione espressa nelle lettere inviate alle massime autorità italiane deve subordinare la effettiva estradizione alla effettiva e avvenuta concessione da parte italiana di una misura clemenziale, che assicuri a Marina Petrella di non finire, e probabilmente morire, in carcere. Diversamente, e sino ad allora, si consenta a Petrella di vivere libera in Francia, come ha potuto fare negli ultimi 15 anni e come deve essere consentito di fare a chiunque altro si trovi nelle medesime condizioni.
Sergio Segio, Patrizio Gonnella, Franco Corleone, Luigi Nieri